OcchioLa sindrome della “secchezza oculare” è diventata, nell’ultimo decennio, una delle maggiori cause di fastidio oculare. E’ stimato che, in Italia, ne soffra oltre il 50% della popolazione. In termini clinici, questa è nota come “xerosi oculare”: un disturbo a carico dell’occhio e della congiuntiva che, degenerando, provoca una progressiva cheratinizzazione superficiale, compromettendo la visione. Nella xerosi oculare si osservano una mancata secrezione di muco da parte della congiuntiva e, soprattutto, una lacrimazione insufficiente, incapace, pertanto, di assicurare un giusto grado di umidità all’interno dell’occhio. Tale disidratazione della superficie anteriore della cornea è causata o da una ridotta produzione di lacrima da parte della ghiandola secernente (ghiandola lacrimale), o da un anomalo drenaggio attraverso l’apparato lacrimale (canale lacrimale) oppure da un’eccessiva perdita, per evaporazione, della componente acquosa delle lacrime. La lacrima, ha una fondamentale funzione lubrificante e viene distribuita sulla superficie oculare mediante l’apertura e la chiusura delle palpebre, che hanno una funzione quasi da tergicristallo. Essa è formata da lipidi, proteine, acqua e altre sostanze (sali minerali, enzimi, mucina, ecc.) che proteggono l’occhio da eventuali infezioni e dalla disidratazione e, in condizioni normali, si trovano in uno specifico, preciso equilibrio. Quando è presente, invece, un’alterazione nella proporzione di tutti i suoi componenti, la qualità del film lacrimale risulta alterata. I fattori maggiormente coinvolti nella comparsa della secchezza oculare, oltre allo squilibrio della composizione delle lacrime (acqua, elettroliti, muco…), sono proprio l’incapacità di produrle e molte altre cause. Tra queste per esempio l’invecchiamento. Con il passare degli anni, la secrezione lacrimale, infatti, diminuisce; in particolar modo le donne sono maggiormente soggette al problema degli uomini, soprattutto dopo la menopausa. Tuttavia, si può soffrire di secchezza oculare a qualsiasi età, anche se la probabilità di essere affetti da questo disturbo aumenta con l’avanzare dell’età: le statistiche affermano che  questa sindrome colpisce circa 7 persone su 100 all’età di cinquant’anni e 15 su 100, più del doppio, all’età di settant’anni. Altra rilevante causa di occhio secco è l’assunzione di alcuni farmaci. Infatti, tra gli effetti collaterali di alcuni principi attivi c’è proprio la secchezza oculare;  questo effetto collaterale è molto comune per esempio nei diuretici, negli antidepressivi (benzodiazepinici), negli anti ipertensivi e nei farmaci che sono usati nel trattamento dell’ansia, negli antistaminici, nei beta bloccanti, nei contraccettivi orali (estroprogestinici) e negli ipotonizzanti. Questo argomento non si deve sottovalutare al giorno d’oggi, in quanto si usano sempre più frequentemente farmaci di questo tipo. Anche alcune malattie, di per sé, causano secchezza degli occhi. Essa, può essere un sintomo di una malattia di base tra cui ricordiamo l’artrite reumatoide, il LES (Lupus Eritematoso Sistemico) e la sindrome di Sjogren. Inoltre, danni alla parte esterna degli occhi, soprattutto alle palpebre, possono compromettere una corretta lacrimazione. In alcuni casi, infatti, possono ostruirsi le piccole ghiandole situate all’interno delle palpebre, dette di “Meibomio”, che sono responsabili della produzione della componente lipidica della lacrima, atta ad inibire l’evaporazione troppo rapida della stessa, e spesso si instaura il processo infiammatorio della blefarite. Nelle fasi più avanzate, questo disturbo può portare anche a un calo della vista, in rari casi, anche grave, se complicato da infezioni batteriche, virali o micotiche. Casi classici di secchezza oculare possono essere causati da fattori allergici (es. polline, acari, ecc.), da patologie del collagene, da patologie vere e proprie delle ghiandole lacrimali, oltre che da casi particolari di mancata diffusione delle lacrime. Quando non si battono le palpebre abbastanza spesso, ad esempio se si è concentrati davanti ad uno schermo, le lacrime non idratano bene la superficie anteriore dell’occhio. L’utilizzo prolungato del computer può, perciò, incrementare notevolmente i sintomi di base dell’occhio secco, tanto che da pochi anni,  per gli assidui del computer, è stato coniato un nuovo termine della patologia che prende il nome di “sindrome del videoterminalista” (che può, a volta, essere accompagnata da cefalea ed altri segnali). Tra le cause di maggiore evaporazione delle lacrime, da cui può dipendere la disidratazione della cornea, ricordiamo, inoltre, la bassa umidità, come quella causata dall’inquinamento, dal riscaldamento oppure dall’aria condizionata. Altri fattori ambientali sono particolarmente importanti: primo tra tutti il vento o il riverbero del sole, ma anche fumo, smog, luce forte, buco dell’ozono. I fastidi possono accentuarsi notevolmente soprattutto in caso di lettura prolungata, o di stress fisici (eccessivo lavoro, ore di sonno insufficienti, ecc.), o di problematiche oculari concomitanti (es. cheratocono, glaucoma, ectropion, alterata chiusura palpebrale, precedenti interventi chirurgici, ecc.). Anche l’uso eccessivo o inadeguato delle lenti a contatto (talvolta combinato con altre concause tra quelle prima elencate) può favorire, o addirittura complicare, tale fenomeno, tanto da provocare un’intolleranza alle lenti per scarsità di lacrimazione. Ecco perché  la percentuale di occhio secco è molto più elevata tra i portatori di lenti a contatto (64%). Tuttavia è anche molto presente tra quelli che usano solo occhiali (39%) e tra quelli che non hanno bisogno per nulla di correzione visiva (28%). Veniamo ai sintomi. Il problema “occhio secco” si manifesta con fastidio, prurito e infiammazione oculare, per poi progredire con affaticamento oculare, bruciore circoscritto, difficolta a indossare lenti a contatto, iperproduzione di lacrime (lacrimazione riflessa), ipersensibilità alla luce, ispessimento della congiuntiva, offuscamento della vista, percezione di sabbia nell’occhio, produzione di muco denso e filamentoso intorno all’occhio. La diagnosi di secchezza oculare è seguita dall’oculista attraverso alcuni test ambulatoriali indolore come il test della Fluoresceina, del Verde di Lissamina, del Rosa Bengala, che possono aiutare a stabilire l’entità e la localizzazione effettiva del disturbo a carico della superficie oculare. Quelli elencati sono coloranti che, una volta applicati nell’occhio, aderiscono alle zone danneggiate, permettendo di rilevare l’entità del danno oculare nell’ambito della diagnosi di occhio secco. Può inoltre essere valutata sia la quantità di lacrima presente nell’occhio con il test di Schirmer e il Break-up Time, che, addirittura, la qualità lacrimale con il Tearlab Test, che esprime l’osmolarità della lacrima stessa. Dopo aver eseguito questi test, si potranno correttamente classificare i vari livelli di gravità dell’occhio secco che si configurano in quattro stadi principali: l’occhio secco leggero (con sintomi medio-leggeri come secchezza e bruciore), moderato (con alterazione del film lacrimale e congiuntivite persistente), severo (con sintomi molto più accentuati che possono complicarsi con una cheratite), grave (con essiccazione della cornea e disturbi neurotrofici). In base ai risultati dei teste un’anamnesi  e classificazione accurata, l’oftalmologo potrà impostare la terapia più accurata e mirata a eliminare i sintomi. Tuttavia la terapia della sindrome da secchezza oculare è, nei casi più semplici, più comuni e più frequenti, basata semplicemente sull’impiego dei soli sostituti lacrimali in forma di collirio (più comunemente chiamate “lacrime artificiali”). Soltanto in Italia di questi ultimi  ne esistono oltre 200 tipi  che variano secondo i principi attivi che utilizzano.  Ce ne sono a base di acido ialuronico, ginko biloba, vitamine, amminoacidi; talora se necessario possono essere associati ad anti-infiammatori, o ad antibiotici nei casi di sovra-infezione (che in genere è di tipo batterico). Bisogna rilevare che, a volte, sono proprio i conservanti del collirio a provocare la mancanza di comfort e perciò il paziente, in alcuni casi, dovrà provare più colliri, fino a trovare quello “giusto”. Ecco perché  le lacrime artificiali sono ormai anche disponibili in piccoli contenitori o fiale “monodose” (cioè senza conservanti), in gel o in spray oculare in modo da ottenere un effetto efficace e nello stesso tempo più prolungato.

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